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  • Immagine del redattoreEleonora Traverso

Pondicherry tra crêpes e chapati

Aggiornamento: 31 mag 2020

Diario di bordo - 2 Febbraio 2019


La mia giornata comincia, come ogni giorno, alle sei di mattino. Doccia, colazione, un saluto ai bambini e poi appuntamento con Mathilde e Marie Diane alle 7.30 di fronte al supermercato Five Stars, per viverci insieme un weekend nella francesizzante Pondicherry. Un po' spaesate ci rechiamo alla fermata dell'autobus, ne passano due ma non riusciamo a salire e, tra un clacson e un altro, riusciamo solo a intravedere un cartello che segna la tratta Chennai-Pondicherry: 2500 rupie. Ci guardiamo con aria interrogatoria dato che, per i canoni indiani, ci sembra decisamente troppo. Due ragazzi accanto a noi ci sentono parlare e ci chiedono conferma sulla nostra meta, dicono che gli autobus passano ogni quindici minuti e che ci costerà solo 150 rupie. Domando loro se siano sicuri di questa informazione, dal momento che l'avviso sembrava dire qualcosa di diverso, il ragazzo si mette a ridere e mi risponde che lui a Pondicherry ci vive. Mi metto a ridere anch'io della mia stessa diffidenza riguardo la sua indicazione, gli sorrido e lo ringrazio. Come aveva previsto, quindici minuti dopo arriva il nostro autobus, paghiamo 150 rupie e saliamo a bordo, scambiandoci sorridenti sguardi perplessi, titubanti del viaggio che ci avrebbe atteso. Tra brusche frenate e curve spericolate, riusciamo a trovare tre posti a sedere. Mi siedo di fianco a un signore sulla cinquantina, indossa una camicia a righe con due penne poste nel taschino e un berretto arancione che si toglie e si rimette ripetutamente. Come la maggior parte degli indiani fin'ora incontrati, si mostra curioso nei nostri confronti; le nostre conoscenze linguistiche non trovano punti d'incontro ma lui non sembra preoccuparsene, continua a interrogarmi mescolando parole di Tamil con qualche conoscenza base di inglese. Scruta interessato il telefono con il quale stavo scattando le foto e mi mostra il suo, probabilmente uno dei primi modelli a colori, con il quale mi spiega poter fare solo telefonate e inviare messaggi. Cerca di spiegarmi la semplicità del suo modello in confronto alla complessità del mio e io non posso che annuirgli e dargli ragione. Nonostante ciò, si mostra interessato nei confronti del mio strano aggeggio, consigliandomi angolature per scattare foto al paesaggio che scorre svelto fuori dal finestrino. Mi pone poi un pacchetto di biscotti comprato durante i dieci minuti di pausa, gli domando se siano per me o se desidera semplicemente appoggiarli sulla sua borsa posta sotto al mio sedile. Risponde con un dondolio di testa. Continuo a non capire. In effetti lo stomaco mi brontola ma rifletto sul fatto che probabilmente lui avrebbe più bisogno di me di quei biscotti -costando per me solo pochissimi centesimi- e allora, nel dubbio, decido semplicemente di appoggiarli sul sedile.

Dopo tre ore di domande e discorsi non del tutto compresi arriviamo a Pondicherry, mi saluta, mi lascia i biscotti e solo allora capisco che le sue parole "biscuits, coffee, oke" fossero un invito a gustarmi i biscotti sorseggiando un sorso di caffè, o qualcosa di simile ad esso. Gli sorrido, lo ringrazio, e decido di condividere il gentile dono con le mie compagne di viaggio.


Una volta scese dell'autobus decidiamo subito di prendere un tuk tuk per recarci nel centro della città e visitare il Manakula Vinyagar Temple, un tempio esistente da più di cinquecento anni dedicato a Ganesh, il dio con la testa di elefante simbolo del sapere e dell'intelligenza. Cammino scalza tra fregi e mandala colorati, tra rappresentazioni di Ganesh e persone che meditano sedute per terra. Ci lasciamo tentare e decidiamo di dedicare anche qualche minuto del nostro pomeriggio all'incontro con l'elefante di Pondicherry, che posa fuori dal tempio per benedire i fedeli.


Dopo aver bevuto la mia prima acqua di cocco in India da uno dei molti venditori ai lati della strada, decidiamo di visitare l'ashram di Aurobindo, situato a pochi metri dal tempio di Ganesh, che da anni attira file di persone da tutto il mondo interessate a pregare e meditare in questo luogo spirituale. L'ashram fu fondato nel 1926 dal guru Aurobindo e la sua collaboratrice Mirra Alfassa, con la quale collaborò per creare un nuovo stile di yoga detto yoga integrale. Ancora una volta tolgo così le scarpe e spengo il telefono, cammino scalza tra i fiori silenziosi che regnano su questo posto. Passo davanti alla tomba dei fondatori e decido di unirmi per qualche minuto alle decine di persone che meditano sedute per terra o che, semplicemente, contemplano la quiete che le circonda, che sembra isolare, per un attimo, i clacson e il traffico indiano che regna al di fuori di questo spazio. Con le mie compagne decidiamo di lasciarci andare per qualche minuto alla pacatezza e alla presenza mentale, per poi ritornare in città e recarci all'hotel per scaricarci di qualche peso di troppo.

Camminiamo lungo la Promenade Beach, la passeggiata che affianca la spiaggia, che per un istante mi riporta alla memoria ricordi di Nizza e le camminate tra i gabbiani, che si uniscono alle immagini presenti dei bambini indiani che corrono in spiaggia e la vista della Statua di Gandhi circondata dalle 8 imponenti colonne. Arriviamo nel nostro alloggio, l'Hotel Suffren Redency, dove un ragazzo gentile ci accoglie nelle nostre due piccole stanze, ordinate e con tutto il necessario, ci porge così una guida della città consigliandoci cosa visitare. Dopo un paio di crêpes al Cafè des Arts, decidiamo di rimetterci in cammino per andare a visitare il Barathi Park, il parco di Pondicherry dove è presente anche il French Memorial, memoriale dedicato ai soldati francesi morti durante la prima guerra mondiale. Osserviamo gli alberi che ci circondano, attorniate da fiori e da scoiattoli che si rincorrono sugli alberi. Decidiamo poi di rimetterci in cammino e spendere un po' di tempo in spiaggia tra venditori di cocco e selfie con indiani. La curiosità degli indiani non mi irrita affatto, mi trasmette anzi sempre accoglienza e calore, in quanto accompagnata da gentilezza e sincero interesse e non da invadenza e diffidenza nei nostri confronti. Verso sera decidiamo di prendere un altro tuk tuk e recarci al centro della città dove, stanche di mangiare solo crêpes e croque mensieur, scegliamo di abbracciare un po' la cultura indiana e goderci dei chapati serviti con chutney su foglie di banana.

Credo che il nostro corpo, dopo qualche settimana di permanenza in India, si sia già abituato alla routine mattutina, perché il giorno dopo ci svegliamo naturalmente prima delle sette di mattino senza nemmeno bisogno della sveglia. Colazione al Cafè des Arts e poi dritte ad esplorare ancora un po' Pondicherry. Passando attraverso il mercato della domenica, decidiamo di andare a visitare il Botanical Garden e spendere lì qualche ora della nostra mattinata. Il giardino botanico venne costruito dai francesi e ospita oggi più di 1500 varietà di piante e anche un piccolo acquario. Decidiamo di concludere il nostro weekend con la visita alla Basilica of Sacred Heart of Jesus, un miscuglio tra architettura gotica e orientale, dalle tinte bianche e marroni che ci accoglie con una musica decisamente alta posta all'entrata.

Stanche ma felici del nostro breve weekend a Pondicherry, dove tra tuk tuk e traffico indiano abbiamo anche ricordato qualche gusto europeo, riprendiamo l'autobus per ritornare a Chennai. Visitare Pondicherry è stato come compiere un breve salto in una piccola Francia durante questo mio soggiorno in India. La città presenta ancora segni del periodo coloniale francese ma, allo stesso tempo, mantiene anche caratteristiche indiane, immergendoti tra templi colorati, ashram e tuk tuk. L'autobus prende un tragitto più lungo e per ritornare a Chennai ci impieghiamo più di cinque ore ma, in fondo, non mi dispiace; mi godo l'aria che entra dal finestrino scompigliandomi i capelli e torno a casa serena, tra gli indiani che continuano a guardarci sorridenti e che, in qualche modo, dall'altra parte del mondo, fanno sentire un po' più a casa. Rifletto su quanto a volte sia difficile vivere qui e su quanto a volte, forse proprio grazie a questa difficoltà, si crei tra le persone una solidarietà luminosa e appoggio reciproco; persone -orientali o occidentali che siano- disposte a sacrificare minuti del proprio tempo per ascoltare la tua storia, a mettere da parte il proprio lavoro per aiutarti nel tuo, a spostarsi su un sedile scomodo e sgangherato per cederti quello più stabile. Rifletto sul fatto che forse è anche in questa umanità che risiede la fonte di energia che trasmette la forza di affrontare gli ostacoli che questo paese porta con sé.




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2 Comments


Eleonora Traverso
Eleonora Traverso
Feb 27, 2019

Grazie a te per avermi letto 💚

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Feb 26, 2019

Un bellissimo racconto! Mi hai trasportato con te in India ed è davvero una terra che mi affascina moltissimo. Grazie mille per questo spaccato di vita :)

Annalisa (del blog Satelite Forever Orbiting)

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