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  • Immagine del redattoreEleonora Traverso

Elogio alle insicurezze

Aggiornamento: 4 feb 2019

[Pensieri pre partenza]

Dicembre 2018.

Succede, ogni tanto nella vita, che si apre una crepa. Leonard Cohen cantava che dalle crepe entra la luce ma, per quel che mi riguarda, da questa entra anche oscurità, buio e paure ancestrali. Qualcosa di antico e primordiale, per me e per l’umanità, protagonista di molti dei miei scritti dell’adolescenza, si fa strada strisciando attraverso lo spiraglio. Una sensazione di non appartenenza mi segue come una spina nel piede, un’intuizione fastidiosa, che talvolta ho preferito affogare nell'abisso. La percezione di non far parte veramente di niente combatte con il bisogno, da sempre umano, di trovare appartenenza e un proprio posto nel mondo. Dunque qual è il mio? Ancora cammino cercandolo, e a volte fa paura, quando il sentiero è buio e tortuoso. Decido di donare fiducia alla determinazione profonda di scovare la verità e allora mi lancio verso ciò che mi è più congeniale: mi metto in viaggio. Cammino scalza nella foresta e osservo i timori ancestrali che da dietro gli alberi si affacciano, quando tutto è incerto e nulla scontato. Una sensazione di groundlessness si fa strada dentro di me e mi chiedo come gestiscano i funamboli la percezione di vuoto sotto i propri piedi. Riconosco che esiste in me, in quanto parte della complicata specie umana, un lato irrequieto e spaventoso, ma anche interessante e profondo, ancestrale e istintivo, che rifiuta leggi e si ribella alla monotonia, urla e strilla il bisogno di autenticità e la necessità di essere accolto e rispettato. Fin da piccolo attratto dalle figure dei saggi, dei maghi e delle fattucchiere, dai personaggi delle favole che lottano contro il mostro, che cadono nell'oscurità ma sanno risorgere e, trasformando gli errori in esperienza, trovano il loro posto illuminando la strada propria e altrui. È questo che mi spinge verso terre asiatiche senza ragione e logico pensiero. Ma la mancanza di razionalità spaventa l’animo umano, incline al controllo e al calcolo minuzioso dei metri di caduta che attendono sotto il precipizio della partenza. Eppure durante il balzo riconosco d’un tratto la magia dell’istinto e decido di affidarmici, ritrovando la consapevolezza che solo con l’incontro e con l’accettazione delle ombre, del disagio e degli antipodi, si arriverà al raggiungimento di un'autentica felicità.


1 Gennaio 2019.

Non sono solita stilare la lista dei buoni propositi per l’anno nuovo e mai, prima di adesso, credo di averlo fatto, così come non sono solita rimembrare i momenti memorabili dell’anno appena trascorso. Ho sempre creduto che ognuno nella propria vita avesse dei capodanni personali, momenti di rinascita, inseriti in un percorso ciclico dove qualcosa si rompe e qualcos'altro si ricrea.  istanti di improvvise illuminazioni, periodi di crescita interiore nei quali vecchi schemi usurati e sgualciti vengono spazzati via, lasciando spazio a un nuovo sé più autentico e consapevole. Non ricordo le date dei miei capodanni interiori ma difficilmente sono coincisi con il 31 di Dicembre e forse per questo motivo ho sempre annoverato il Capodanno, o almeno così come la gente lo intende, tra le mie feste meno amate di sempre.

Eppure quest’anno una sensazione di nuovo inizio si lasciava percepire nell'aria e nel profumo delle spezie. Cerco così di annotare, seppur con qualche difficoltà, una percezione impalpabile che dimora dentro di me, che mi scansa, che mi sfugge, che si sgretola. che si manifesta con una curva sulle mie labbra mentre percorro il tragitto verso casa, con melodie di risa e di Charleston dentro la mia testa, con particelle di abbracci dietro le mie palpebre. Ho scintille di momenti che illuminano la mia mente quando socchiudo gli occhi; sagome di alberi che ondeggiano leggere a ritmo di musica, di colline che terminano nel mare, di scogli e di schiuma, frammenti di mosaici colorati, di nuvole cotonate, di muri gialle e di sabbia arancione, di rocce scavate intorno a tesori di acque cristalline. Ho foto di albe sopra la mia testa, di amicizie dietro tramonti spagnoli, di mari e montagne, di terre in movimento, di terre che voglio scoprire e di terre che tra poco scoprirò. Ho fogli di profonde poesie che illuminano angoli bui della mia stanza; come le nostre risa sui pensieri pesanti, gli ultimi istanti brillanti dell’anno trascorso sciolgono le insicurezze. insieme a noi due, che sappiamo trasformare il poco in molto e, guardandoci sorridendo, sappiamo ridere di noi. Cerco di fermare questa sensazione di affetto e amore in una sfera di resina, in modo da poterla conservare nei momenti di viaggio e transizione in cui mi sentirò sola, persa, o in difficoltà. e allora piano piano emerge questa percezione, che voglio immortalare, eppure mi sfugge! Non mi irrita il suo fluire, poiché scappa solo alla parola, ma non ai sensi. Allora mi rendo conto che forse è questo, ciò che sto cercando di fotografare dall'anno passato e ricercando nel viaggio futuro: la consapevolezza che una sincera connessione affettiva con tutto ciò che ci circonda è l’unica vera medicina contro il senso di solitudine.

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