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  • Immagine del redattoreEleonora Traverso

Una canzone silenziosa

Breve racconto, indirizzato a una fascia 5+ Tra le nevose montagne svizzere, esisteva un tempo un bosco incontaminato, dove querce e betulle

regnavano silenziose su fiori di tutti i colori. Il suono del ruscello sembrava quasi una melodia che

accompagnava dolcemente i giochi degli uccellini e degli scoiattoli che si rincorrevano sui

maestosi alberi. Il bosco trasmetteva una tale sensazione di pace e tranquillità che, ogni estate,

numerose famiglie giungevano dalla città per godere insieme ai figli della quiete del posto. Tra i

bambini si mormorava che fosse il canto di una Fata a permettere che alberi e fiori sbocciassero

rigogliosi e che l’acqua del ruscello fosse sempre limpida e fresca. Una bambina in particolare

raccontava di udire il suo canto durante la notte. La piccola si chiamava Shanti ed era nata

in India, aveva carnagione scura, profondi occhi neri e un sorriso che sembrava illuminare anche

le giornate più buie. «Dico sul serio, mamma, devi credermi!» diceva la bambina abbracciando il

suo peluche «La Fata Flora esiste davvero!»

«Tesoro, non potresti dormire durante la notte come fanno tutti gli altri bambini invece di inventare

sempre nuove storie?» rispondeva la madre rivolgendole un tenero sorriso.

Così Shanti si metteva a dormire nel suo lettino e, appena il resto della famiglia si addormentava,

lei sgattaiolava fuori dal letto per andare nel bosco a passeggiare con la Fata Flora. Shanti

descriveva sempre la Fata Flora come una bellissima creatura femminile, diceva che nei suoi occhi

sembrava fosse catturato l’oceano e che il suo sorriso era come la luna crescente.

Tutte le mattine i bambini si ritrovavano sotto una grande quercia per discutere sugli avvenimenti

della notte precedente:

«Avete sentito anche voi il canto della Fata la scorsa notte?» chiedeva Alfonso aggiustandosi gli

occhiali rotondi che poggiavano sulla punta del naso.

«Sì!» rispondeva Bella entusiasta «L’ho sentita cantare una Ninna Nanna»

«No, era un Valzer e gli uccellini danzavano con lei!» ribatteva Anna con tono deciso.

Shanti si limitava ad ascoltare in silenzio e annuire, perché gli adulti le avevano detto che si trattava

solo di un sogno e che se avesse raccontato la storia della Fata del bosco tutti la avrebbero presa

per matta.

Nel frattempo, la leggenda del canto della Fata Flora si era sparsa in tutti i cantoni svizzeri fino ad

arrivare in una piccola cittadina a pochi chilometri dal bosco. Si trattava di un paesino molto

pittoresco, con piccole casette dai tetti colorati. L’attrazione principale della città era un grazioso

teatro in mattoni rossi dove ogni domenica veniva eseguita un’opera. Il proprietario, il signor

Rodrigo, era un uomo di sessant'anni con una lunga barba bianca e occhi grigi. Indossava sempre

un completo nero con una cravatta rossa ed era quasi impossibile non vederlo con un sigaro in

bocca. Era un uomo dall'aria severa e burbera che non suscitava molta simpatia tra gli abitanti del

paese. Si occupava però dell’unica attrazione presente nel luogo e così le persone avevano

imparato a sopportare i suoi malumori. Il suo teatro stava attraversando nell'ultimo periodo una

profonda crisi, nessuna persona voleva infatti esibirsi in un paesino così piccolo e gli spettacoli

non riscuotevano più gran successo. Il signor Rodrigo aveva pensato a ogni soluzione invitando

artisti da tutto il mondo ma nessuno aveva accettato. I suoi collaboratori gli avevano più volte

accennato la leggenda della Fata Flora e della bambina, invitandolo a riflettere su come il canto della Fata potesse essere un'attrazione in grado di attrarre migliaia di spettatori. Tuttavia, ogni volta che il signor Rodrigo sentiva parlare di questa storia diventava paonazzo ed esclamava: «Sono un uomo di affari io! Non ho tempo per queste sciocchezze!» dopodiché gettava il sigaro sul pavimento e con esso

tutta la cenere.

Una notte, mentre si rigirava nervoso nel letto senza riuscire a prendere sonno, ricevette la

chiamata del sindaco del paese. Questo, con tono fermo e severo, gli annunciò che il teatro sarebbe stato chiuso se non avesse trovato una soluzione entro il giorno dopo. Preso dal panico e

dall'agitazione, il signor Rodrigo decise così che l’unica soluzione rimasta fosse cedere

all'irrazionalità e provare a credere nella leggenda della Fata Flora. Trascorse così tutta la notte

rimuginando su come avrebbe potuto convincere la Fata a esibirsi nel suo teatro: di certo non poteva

spedire nel bosco una lettera di invito per una creatura magica, tutti lo avrebbero preso per pazzo!

Dopo ore e ore di riflessione, giunse alla conclusione che se la Fata fosse esistita veramente,

sarebbe bastato rapire la sua piccola amica Shanti e lei sarebbe sicuramente venuta a cercarla.

Preso da una improvvisa sensazione di sollievo, decise così di mettere subito in atto il suo piano

e, prima dell’alba, si recò nel bosco con la speranza di trovare la bambina. La piccola camminava

serena nel bosco nell'attesa di incontrare la sua amica Fata, quando il grosso Rodrigo balzò dietro

di lei e la rapì. La portò così in una stanza del teatro, si sedette alla sua scrivania, accese un sigaro

e rimase in attesa che la Fata Flora giungesse nel teatro per salvare la povera Shanti.

Il mattino dopo, quando i genitori si accorsero che la loro piccola non era più nel suo lettino,

scoppiarono in lacrime e diedero l’allarme affinché tutte le persone della città si unissero per

ritrovare Shanti. I bambini si radunarono nel bosco sotto la grande quercia e decisero insieme che

avrebbero dovuto trovare insieme un modo per contattare la Fata e comunicarle l’accaduto.

Tuttavia Flora, che se ne stava sdraiata sotto a un albero di pesco, aveva già sentito tutto e decise

subito che quella stessa notte sarebbe andata in città per cercare la bambina. Con l’arrivare delle

tenebre, la Fata Flora andò dunque a sbirciare in tutte le finestre della città nella speranza di

ritrovare la sua amica Shanti. Cercò ovunque, fin quando non trovò il teatro dai mattoni rossi e,

affacciandosi alla finestra, scorse la piccola addormentata sul sofà. Aprì così la finestra, entrò in

casa e...zac! All'improvviso precipitò su di lei una grande rete per pesci che le impedì di muoversi.

Il signor Rodrigo non poteva credere ai suoi occhi: la Fata Flora esisteva davvero, i bambini

avevano ragione! Scoppiò in lacrime per la gioia e subito chiamò il sindaco avvisandolo che quella

domenica si sarebbe tenuto lo spettacolo più entusiasmante della storia. La città fu presto rivestita

di manifesti che annunciavano l’esibizione del canto della Fata e così accorse gente da tutto il

mondo: anziani, adulti e soprattutto bambini. Quella domenica, il signor Rodrigo rinchiuse dunque

la Fata in una gabbia e la portò sul palcoscenico. Il teatro venne addobbato con piante e fiori per

mostrare a tutti i presenti i magici poteri del canto della Fata. Dopo qualche minuto di suspense,

Flora cominciò a cantare. Il suo canto era così armonioso e potente che tutti i bambini si

alzarono in piedi applaudendo con le lacrime agli occhi; gli adulti, al contrario, non riuscivano a

udire niente e così iniziarono presto a spazientirsi. Pensando di essere stati truffati, lasciarono

infervorati la sala, dove rimasero solo i bambini che continuarono a danzare e a gioire di quel canto

soave. Nel frattempo, il canto di Flora fece sbocciare tutti i fiori e crescere tutte le piante presenti

nel teatro, che si arrampicarono intorno alla gabbia spezzando le sbarre e liberando la Fata. Flora

si precipitò subito a cercare Shanti, che era stata rinchiusa in uno sgabuzzino dal burbero Rodrigo.

Liberò così la bambina, che subito corse tra le sue braccia piangendo di gioia, e riportò

tutti i bambini sani e salvi nelle loro case. Dopo quella domenica, il signor Rodrigo fu costretto a

chiudere il teatro e, preso dallo sconforto, scappò in un’altra città. I bambini cominciano a riunirsi ogni notte sotto la grande quercia, trascorrendo il tempo a cantare e danzare con Shanti e la Fata; per gli adulti, invece, quel canto armonioso rimase per molto tempo ancora soltanto un soave silenzio.

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