Le sere d’estate sono fatte per gustarsi sorsi di solitudine su freschi terrazzi, ascoltando cori di cicale che contornano le case. Per scrivere nell’oscurità illuminati solo dalla luce di una torcia -e poi pentirsi perché sono entrate le zanzare- annusando leggere brezze che indossano profumi di campi lontani. Per correre sulle colline con capriole di risate, lasciando che l'erba secca ci pizzichi la pelle, per ritrovarsi poi senza fiato ad ammirare il Grande Carro brillare sopra i propri capi. Per arrestare la macchina in mezzo a campagne e meravigliarsi delle lucciole che, come lucine di natale, illuminano campi e cespugli.
Le sere d’estate sono fatte per udire i cubetti di ghiaccio tintinnare nei bicchieri di vetro e per separare i semi dalla polpa dell'anguria. Per godersi il profumo del balsamo che sciacqua via la salsedine del pomeriggio e per allegerirsi nei vestiti leggiadri. Per esaminare le sagome nere degli alberi che, maeostose, ci scrutano dall’alto. Chissà a cosa pensano, mentre assistono alle luci delle abitazioni spiegnersi, al cielo cambiare colori, a gatti trapezisti che si preparano a liti e scorribande. Ricambio il loro sguardo, dalla mia piccolezza, realizzando lo spettacolo di musiche e danze che si svolge attorno a me, sentendomi come nell'istante in cui, al teatro, si apre il sipario. Momenti magici che, talvolta, riusciamo a cogliere solo come fotografie di paesaggi mozzafiato da un auto in movimento.
Osservo quest’albero da tutta la sera, assaporando l’atmosfera con tutti i miei sensi, ed è in questo scambio di sguardi che una promessa si affaccia alla mia anima: vivrò nei miei tempi, come falene leggere nel cielo notturno.
Spengo la torcia e chiudo il balcone. Sono sicura che le zanzare si siano fatte un gran banchetto, questa sera; ma questa volta, anche per me, ne è valsa la pena: l’arrivo dell’estate, con i suoi bagagli di colori ed energie, è uno spettacolo che va gustato a sensi aperti.
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